Il primo spettacolo interamente nato e prodotto dalla nuova Fondazione Teatro della Pergola, Il gioco dell’amore e del caso di Marivaux, ha debuttato ieri sera nel bellissimo teatro fiorentino.
Il cast artistico di alto livello aveva creato molte aspettative e mi sono avviata con grande gioia nella “culla” Teatro della Pergola. Voglio raccontare dello spettacolo per punti, iniziando dagli interpreti:
Paolo Briguglia volto noto de I Cento Passi di Marco Tullio Giordana, Baarìa di Giuseppe Tornatore e del più recente Basilicata coast to coast, di Rocco Papaleo.
Antonia Liskova protagonista della famosa serie Tutti pazzi per amore, al suo debutto assoluto in teatro.
Francesco Montanari già con Albertazzi e Salveti in teatro è il Libanese della serie tv Romanzo Criminale.
Fabrizia Sacchi dal teatro di Leo De Berardinis al cinema di Risi, Calopresti e Virzì e in televisione nelle serie Medicina Generale.
Questa è la presentazione, che ho letto dopo aver visto lo spettacolo, data dalla brochure del Teatro. Le conseguenze della scelta di questo cast erano evidenti. Gli attori sono bravi ma televisivi, l’attore in teatro deve emozionare. Non c’è uno schermo da bucare con l’aiuto di riprese soggettive o inquadrature ravvicinate, l’attore deve far arrivare la voce e se è muto deve emozionare con il corpo.
Giuseppe Manfridi, traduzione e adattamento; Piero Maccarinelli, regia.
Mestiere e tecnica, tutto corretto. Ma fatta eccezione di un rapido accenno iniziale sulla violenza di genere che si consuma all’interno delle mura domestiche, nessuna deviazione, nessuna ispirazione, niente al caso. Anche qui scelte politicamente “coerenti”.
Gabriella Pescucci, costumi; Giacomo Costa, scene.
Qualcosa è arrivato, direi che un’ispirazione artistica c’era. Infatti lo spettacolo era questo, i costumi e il video/fondale, il Giardino di Boboli che cambia con il trascorrere della giornata e degli accadimenti è un elemento vitale dello spettacolo. Giacomo Costa per quanto si sia sforzato di mettersi al servizio della regia ha fagocitato lo spettacolo perché se c’è un’anima, viene fuori.
Umile Vainieri, light designer.
Le luci erano quelle di un set televisivo, sempre fredde e schiaccianti, sembrava lo studio di “Amici” della De Filippi, era voluto? in effetti seguendo un certo ragionamento sembrerebbe di si. Evidentemente. Però una cosa proprio non tornava, gli attori quando entrano dalle porte hanno sempre il viso in ombra e questo è proprio strano.
Antonio di Pofi, musiche.
Mi sono piaciute.
Concludo con una preghiera per tutti coloro che si trovano ad avere la possibilità e la responsabilità di far arrivare il messaggio di quanto è importante per l’umanità la cultura e l’arte, chiedetevi se quello che fate vi emoziona e non preoccupatevi solo di compiacere.
da CasaCris questo è tutto